La plasticità comportamentale e di sviluppo consentono agli scarabei stercorari di far fronte allo stress termico nel corso di generazioni
23 April 2018
di Anna LM Macagno, Eduardo E Zattara, Armin P Moczek & Cris C Ledón-Rettig
Analizzando i complessi cambiamenti climatici in atto sul nostro pianeta, la comunità scientifica si trova concorde nell’affermare che le temperature medie globali stanno aumentando rapidamente. I mutamenti climatici globali costringono gli organismi a far fronte a nuovi regimi termici pena l’estinzione; inoltre, i cambiamenti in corso possono rendere vaste aree geografiche idonee a invasioni da parte specie esotiche, con conseguente impatto negativo sulle specie autoctone, già provate dall’aumento delle temperature. L’affermazione di specie esotiche, che possono alterare drasticamente la biodiversità, dipende anche dalla capacità di ciascuna specie di far fronte a nuovi regimi termici. Di conseguenza, determinare se e come diversi organismi possano adattarsi ai cambiamenti di temperatura è fondamentale per prevedere sia l’impatto dei cambiamenti climatici globali sulle popolazioni, sia i rischi e i potenziali risultati delle invasioni biologiche.
Nonostante gli attuali modelli climatici globali dipingano scenari minacciosi, gli organismi hanno a disposizione diverse strategie che potrebbero consentire loro di far fronte ai rapidi mutamenti in corso. Uno di questi “assi nella manica” è la plasticità fenotipica, ovvero la capacità propria della quasi totalità delle specie di rilevare i cambiamenti nell’ambiente e conseguentemente alterare il proprio sviluppo, la fisiologia e il comportamento. La plasticità fenotipica fornisce agli organismi una notevole capacità di aggiustamento a nuove condizioni ecologiche a fronte di rapidi cambiamenti ambientali. Allo stesso tempo, la plasticità fenotipica puó facilitare successivi adattamenti evolutivi attraverso l’accomodazione genetica: un processo mediante il quale i caratteri fenotipici indotti da certe condizioni ambientali possono venire fissati geneticamente e diventare indipendenti dall’ambiente (si veda questo post per maggiori dettagli). Pertanto, di fronte a nuove condizioni ambientali, la plasticità fenotipica ha grandi potenzialità di facilitare sia gli aggiustamenti ecologici a breve termine sia gli adattamenti evolutivi a lungo termine. Tuttavia, pochi sono i sistemi che consentono lo studio simultaneo del ruolo della plasticità fenotipica nelle risposte adattive a breve termine, del suo potenziale effetto sulle manifestazioni fenotipiche in generazioni successive e del suo contributo nella divergenza delle popolazioni. Di conseguenza, non comprendiamo appieno se le risposte plastiche prodotte in una generazione possano influenzare la variabilità fenotipica e la fitness in generazioni successive, né quale sia il ruolo della plasticità fenotipica nei processi di divergenza evolutiva.
Nel nostro recente articolo pubblicato sulla rivista ecologica Oikos (Macagno, Zattara et al., 2018), abbiamo esplorato queste domande utilizzando il coleottero stercorario Onthophagus taurus. Originario della regione mediterranea, durante gli anni Settanta questo insetto è stato introdotto su altri continenti sia accidentalmente sia nell’ambito di programmi di controllo biologico. Da allora, in meno di 100 generazioni, le popolazioni esotiche di O. taurus hanno conquistato nuove nicchie climatiche e si sono differenziate in tratti morfologici, fisiologici e comportamentali a un livello comparabile a quello osservato tra specie strettamente imparentate. Ciò rende O. taurus un modello ideale per indagare le primissime fasi di divergenza evolutiva e il potenziale ruolo giocato dalla plasticità in questo processo.
Onthophagus taurus si nutre esclusivamente di sterco sia da larva che da adulto. Tuttavia, mentre gli adulti devono procacciarsi attivamente il cibo, le larve dipendono esclusivamente dalle risorse fornite dalle loro madri. Le femmine adulte di O. taurus costruiscono gallerie nel suolo al di sotto dello sterco di mammifero e vi collocano “ovoidi pedotrofici”: ammassi sferici di sterco, contenenti ciascuno un singolo uovo. Lo sterco all’interno di ciascun ovoide sosterrà un individuo in via di sviluppo fino alla trasformazione in adulto. Le madri investono una quantità significativa di risorse nello scavo delle gallerie e nella fabbricazione degli ovoidi, e questo investimento può essere facilmente quantificato misurando il peso degli ovoidi e la loro profondità. La progenie risultante sarà tanto più grande e feconda quanto maggiore è la massa dell’ovoide entro il quale si è sviluppata. Anche seppellire gli ovoidi più in profondità comporta dei benefici: maggiore è la profondità, minore è lo stress causato dalle fluttuazioni termiche sulla prole in via di sviluppo. Inoltre, le popolazioni native e introdotte di O. taurus si sono differenziate nella profondità media alla quale collocano gli ovoidi, suggerendo che questo tratto potrebbe avere un ruolo nell’adattamento a nuove condizioni ambientali.
In particolare, nel nostro lavoro abbiamo cercato di determinare: a. se il comportamento di scavo delle madri e/o lo sviluppo della prole possano rispondere plasticamente ai cambiamenti di temperatura; b. se tali risposte plastiche possano essere adattative, mitigando lo stress causato dalle alte temperature; e c. in tal caso, se la plasticità comportamentale o di sviluppo si siano differenziate tra queste popolazioni. A tal fine, abbiamo considerato madri e prole di tre popolazioni: una di provenienza spagnola, dove O. taurus è autoctono; una proveniente dall’Australia occidentale, dove questa specie è stata introdotta negli anni Settanta per controllare l’eccessivo accumulo di sterco sui campi; e un’altra proveniente dal North Carolina (Stati Uniti orientali), dove la specie è arrivata a seguito di un’introduzione accidentale in Florida nel 1971. Abbiamo fatto sí che le femmine di queste popolazioni deponessero le loro uova all’interno di contenitori posti a due regimi termici: un trattamento blando (la temperatura ideale per la specie), e un trattamento ad alta temperatura, in cui i contenitori erano collocati sotto lampade riscaldanti. Le madri hanno scavato tunnel, costruito ovoidi e deposto le uova in queste condizioni per cinque giorni, al termine dei quali abbiamo aperto i contenitori e registrato numero, peso e profondità degli ovoidi. A questo punto abbiamo suddiviso equamente gli ovoidi, ponendoli in incubazione a due diverse temperature, una ideale e una elevata. In questo modo, per ciascuna popolazione abbiamo ottenuto gruppi di progenie soggetti a quattro diversi trattamenti nel corso dello sviluppo: a. deposti e incubati a temperatura ideale, b. deposti a temperatura ideale ma incubati ad alta temperatura, c. deposti ad alta temperatura ma incubati a temperatura ideale, e d. deposti e incubati ad alta temperatura.
Terminata questa prima fase dell’esperimento, abbiamo rilevato come, in tutte le popolazioni, le madri costrette a deporre a temperatura elevata avessero seppellito i loro ovoidi più in profondità in confronto a quelle del trattamento a temperatura ideale: ció dimostra che la profondità di collocazione degli ovoidi è un carattere plastico. Questa plasticità comportamentale delle madri è benefica per la prole, poichè i coleotteri che si sviluppano ad alta temperatura (cioè la temperatura a cui sarebbero esposti gli ovoidi collocati superficialmente nel terreno in un ambiente naturale caldo) hanno dimensioni inferiori a quelli che si sviluppano a temperatura ideale (cioè la temperatura a cui sarebbero esposti gli ovoidi collocati in profondità nel terreno nello stesso ambiente). Questo risultato è biologicamente significativo perchè, in O. taurus, le femmine di piccole dimensioni sono meno feconde. Abbiamo poi continuato l’esperimento facendo sí che i coleotteri di ciascuna popolazione e trattamento potessero nutrirsi, maturare sessualmente e dare origine a un’ulteriore generazione in condizioni di temperatura ideale. Ció ci ha permesso di evidenziare che le figlie di madri che erano più piccole a causa del loro ambiente di sviluppo investivano a propria volta meno nella propria prole, producendo ovoidi piú piccoli e superficiali (e di conseguenza prole dimensioni inferiori) anche in assenza di stress termico. Questi risultati implicano che gli effetti negativi dell’esposizione ad alte temperature durante lo sviluppo possono propagarsi attraverso le generazioni.
I nostri risultati evidenziano che le temperature elevate sono deleterie per lo sviluppo di questi coleotteri. Tuttavia, grazie alla plasticità comportamentale, le madri possono mitigare gli effetti transgenerazionali dello stress termico seppellendo gli ovoidi a maggiore profondità e garantendo così alla prole un ambiente di sviluppo più favorevole. Inoltre, la popolazione australiana ha riservato un’ulteriore sorpresa: gli individui schiusi dalle uova deposte ad alta temperatura sono cresciuti più del previsto, indipendentemente dalla loro temperatura di incubazione. Ciò suggerisce che, nella sola popolazione australiana, l’esposizione ad un ambiente caldo nelle primissime fasi di sviluppo possa innescare una risposta compensativa di aumento della crescita. In che modo potrebbero essersi originate queste differenze nello sviluppo della prole in risposta alle condizioni termiche? Ipotizziamo che una causa possibile sia da ricercare nell’interazione tra le diverse condizioni climatiche e sociali di queste popolazioni.
Da un lato, negli Stati Uniti orientali, l’elevata umidità atmosferica può mitigare l’effetto delle alte temperature sullo sviluppo degli insetti, riducendo quindi la pressione selettiva a favore di meccanismi compensativi durante le prime fasi dello sviluppo. D’altra parte, in Australia occidentale, O. taurus è soggetto a intensa competizione per le risorse a causa di densità di popolazione estremamente elevate: in queste condizioni, le femmine collocano gli ovoidi in modo più superficiale e ciò può comportare un’intensa selezione a favore di meccanismi compensativi dello stress termico. Altri fattori non adattativi, quali un effetto fondatore durante l’introduzione di questa specie in nuove aree, potrebbe altresì aver contribuito a questa divergenza. Tuttavia, al di là del meccanismo esatto, il nostro studio dimostra che il ruolo della plasticità nell’attenuare gli effetti dello stress termico può dipendere da parametri ecologici specifici di ciascuna popolazione. È auspicabile che questa flessibilità, propria di un gran numero di organismi, venga presa in considerazione nel modellare i possibili cambiamenti nella distribuzione delle specie a causa dei cambiamenti climatici e il potenziale successo delle invasioni biologiche.
Per ulteriori dettagli si veda l’articolo:
Macagno ALM, Zattara EE, Ezeakudo O, Moczek AP, Ledón‐Rettig CC. 2018. Adaptive maternal behavioral plasticity and developmental programming mitigate the transgenerational effects of temperature in dung beetles. Oikos DOI: 10.1111/oik.05215.
[pdf]
Anna LM Macagno
Senior research associate, Department of Biology, Indiana University
Eduardo E Zattara
Deputy investigator, INIBIOMA, CONICET, Argentina
Research associate, Department of Biology, Indiana University
Armin P Moczek
Professor of Biology, Indiana University
Cris C Ledón-Rettig
Research Scientist, Department of Biology, Indiana University
Condividi questo post su Twitter o Facebook